Sono
arrabbiato, anzi di più, sono incazzato nero con me stesso. La causa è in
quello che mi è accaduto ieri. Da un pò di tempo evito di viaggiare in macchina
lungo la SR 71, in certi momenti quella strada è un alveare, meglio prendersela
comoda e sfruttare il fatto che Castiglion Fiorentino ha un ottimo collegamento
ferroviario con Arezzo.
Ieri,
a pomeriggio inoltrato, sono andato alla stazione e, da quel momento in poi, due
cose mi hanno fatto infuriare.
La
prima incavolatura è stata cagionata dal fatto che la nostra stazione non ha
più una biglietteria. Ho già segnalato questa cosa ma pare che non interessi a nessuno.
Eppure le biglietterie sono utili: funzionano da presidio, offrono un servizio a
turisti ed anziani,rendono viva una stazione tuttavia, chi dovrebbe risolvere il problema, se ne
strafotte, lasciando le cose come sono. Ma non è questa la ragione principale
della mia rabbia.
La
ragione principale è che a quell'ora sulla banchina, in attesa del treno, c’ero
io, un paio di ragazzine e un bel pò di stranieri, in gran parte persone di
colore. Sia chiaro, non facevano nulla di male, eppure mi sono sentito a
disagio.
Mi
sono chiesto: se uno come me, una persona normale, di media cultura, più o meno
aperto al mondo, si sente così, la stessa cosa può allora capitare a tante
altre persone. E con più ragione può accadere a chi vive in quartieri degradati,
in periferie urbane assediate, in stazioni ferroviarie dove puoi trovare di
tutto.
In
quel preciso istante, di fronte al mio ingiustificato disagio, ho capito la
rabbia che sento montare in giro. Una rabbia sorda, primordiale che non cresce
nei quartieri eleganti, ma turbina, come un uragano, laddove vive la gente
semplice. Una rabbia generata dalla paura.
La
paura, alla faccia di chi la nega, è un fatto concreto, si tocca con mano, ti
fa soffrire quanto la fame e la sete, la paura ti rende fragile perché inquina l’anima
e la fa diventare permeabile a qualunque dottrina, comprese quelle che predicano
l’odio e la violenza. La paura è tanto più forte quando si combina col disagio
economico, alla lotta quotidiana per la sopravvivenza. Oggi sopravvivere non
significa solo arrovellarsi per un tozzo di pane, significa trovare i soldi per
pagare il mutuo, cercare un lavoro, curarsi senza spendere un patrimonio. La
paura, com'è capitato a me su quella banchina, ottenebra la ragione e ti fa pensare
che il problema in questo paese siano i poveri e non invece i troppo ricchi.
A
Genova multano quelli che per bisogno (altrimenti chi diavolo lo farebbe?),
frugano nei cassonetti in cerca di cibo. E’ facile prendersela con gli ultimi,
con i più deboli, ma è così che si risolvono i problemi? La ragione direbbe di no, eppure c’è sempre
più gente che lo pensa. Sia chiaro, questo non vuol dire che chi delinque, chi
si comporta male, debba sempre avere una giustificazione. Il tempo del libro “Cuore”
è finito e chi compiere un crimine, grande o piccolo che sia, va punito.
Un
vecchio proverbio cinese dice: “Quando il dito indica la luna lo stolto guarda
il dito”, per questo io sono arrabbiato con me stesso. Perché alla stazione,
ieri sera, ho guardato il dito ed ho sentito crescere dentro di me un fastidio, un timore per i quali provo vergogna.
Paolo Brandi